Violenza contro le donne è ora di dire BASTA

 

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Violenza contro le donne è ora di dire BASTA

La maggior parte delle volte la violenza viene commessa dal partner, famigliare o una persona con cui la vittima aveva avuto una relazione, come. il 20,2% fisica, il 21% sessuale, il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri.  È successo anche a me, tanti anni fa, appena arrivata i Italia, ero giovane e non sapevo cosa fare, i vicini, quelli che di solito curiosavano nella mia vita, non si fecero avanti, nessuno busso alla porta di casa mia. Mi sono sentita veramente sola, anche perché proprio da lui non me lo sarei aspettato, non ho denunciato per mancanza di coraggio, ma per mancanza di conoscenza della legge. Poche donne hanno il coraggio di denunciarle, sopratutto perché dovrebbero denunciare i uomini che amano, o i propri cari.

I Centri Antiviolenza, sono finanziati raramente e così fanno fatica a gestire case rifugio. Purtroppo non ce ancora l’informazione adeguata al fine di saper riconoscere quando si è vittima di violenza, ma sopratutto a essere consapevoli di subire la violenza psicologica. Le donne separate o divorziate hanno subìto violenze fisiche o sessuali in misura maggiore rispetto alle altre (51,4% contro 31,5%). Da dove proviene questa violenza maschile sulle donne e come evitarla? Le radici affondano nella disparità fra i sessi e nella discriminazione. Ci devono essere leggi che agevolino il lavoro femminile, così le donne possano avere l’autonomia economica che occorre per affrontare le separazioni, la paura di rimanere senza soldi e con figli piccoli è una delle motivazioni per cui le donne rimangono insieme a uomini con i quali non hanno più niente da condividere. Le leggi ci sono, ma non servono a niente se non vengono fatte rispettare.

Secondo la Convenzione di Istanbul la violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione; Riconoscendo la natura strutturale della violenza contro le donne, in quanto basata sul genere, e riconoscendo altresì che la violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini;

Ai fini della presente Convenzione

  • a) con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata;
  • b) l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima;
  •  c) con il termine “genere” ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini;
  • d) l’espressione “violenza contro le donne basata sul genere” designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato;
  • e) per “vittima” si intende qualsiasi persona fisica che subisce gli atti o i comportamenti di cui ai precedenti commi a e b;
  • f) con il termine “donne” sono da intendersi anche le ragazze di meno di 18 anni.

Ora aspetta alla Ministra Stefania Giannini iniziare a mettere in azione ciò che è stato dichiarato in questa convenzione.

Mi sono rincuorata quando ho letto che nel 2015 c’è stato un calo sia della violenza fisica che sessuale, dai partner e ex partner (dal 5,1% al 4% la fisica, dal 2,8% al 2% la sessuale) come dai non partner (dal 9% al 7,7%). In forte calo anche la violenza psicologica dal partner attuale (dal 42,3% al 26,4%), soprattutto se non affiancata da violenza fisica e sessuale. Questo dovuto in gran parte di una maggiore consapevolezza e capacità delle donne di uscire dalle relazioni violente o di prevenirle.

Ecco cosa dice Simona per quanto riguarda la violenza delle donne e il mondo del lavoro:

Il Jobs Act, di cui in questi ultimi anni ne abbiamo sentito parlare molto spesso, ha introdotto importanti cambiamenti nel mondo del lavoro.

Novità che hanno evidenziato una maggiore attenzione al tema della conciliazione tra la vita familiare e lavorativa. La strada è ancora lunga, le resistenze da superare molte ma vogliamo essere positive ed interpretare questi interventi legislativi come un importante punto di partenza.

Tra le modifiche che meritano di essere evidenziate al fine di assicurare una loro diffusione ed allo scopo, quindi, di consentire a coloro che si trovano in situazioni di disagio di usufruirne, è certamente quella di cui all’art. 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 80 “congedo per le donne vittime di violenza di genere”

La citata previsione normativa prevede che le lavoratrici dipendenti del settore pubblico e privato, escluse le lavoratrici del settore domestico, possono avvalersi di un congedo indennizzato per un periodo massimo di tre mesi al fine di poter svolgere i percorsi di protezione certificati.

Il congedo inizialmente era stato previsto in via sperimentale solo per l’anno 2015 ma poi la misura è stata estesa anche per gli anni successivi.

Condizione essenziale per poter usufruire di tale congedo è l’inserimento nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza o dai centri antiviolenza o dalle case protette istituite dalla normativa di riferimento.

Si tratta di un vero e proprio”diritto” della lavoratrice dipendente, sia pubblica che privata, che può esercitare a prescindere da un’autorizzazione da parte del datore di lavoro.

La lavoratrice però qualora voglia usufruire di tale congedo è tenuta a comunicare, almeno 7 giorni prima, al datore di lavoro la data di inizio e di fine del congedo ed ad allegare la documentazione attestante l’inserimento nel percorso di protezione.

Durante il periodo di congedo la lavoratrice ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione che viene corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per i trattamenti economici di maternità.

Il periodo di congedo è coperto da contribuzione figurative ed è computato ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, nonché ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.

Il congedo può essere usufruito su base oraria o giornaliera nell’arco temporale di tre anni. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga (quadri settimanale o mensile) immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo.

La lavoratrice inoltre ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale orizzontale.

La speranza è che, grazie a questa misura, le donne che – subiscono situazioni di violenza – siano incentivate a porre fine a tale strazio ed a rivolgersi alle Istituzioni competenti ad aiutarle e sostenerle. Inoltre chi non ha le risorse per pagare un avvocato, può usufruire del gratuito patrocinio, di questo parlerò nei prossimi articoli.

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Simona è a disposizione di tutte noi. Se vuoi puoi contattarla lei sarà felice di risponderti: simonafontana79@gmail.com oppure puoi andare sul suo sito

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